Pubblicato su politicadomani Num 92-93 - Giugno/Luglio 2009

Fecondazione assistita
La legge 40 in Italia

di Marta Pietroni

Un iter accidentato
In Italia la legge che regolamenta la fecondazione artificiale è la n. 40, "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita", del 19 febbraio 2004. Di questa legge si è molto parlato, soprattutto in occasione del referendum del 12 e 13 giugno 2005, che ne proponeva una parziale abolizione. Il referendum, non avendo raggiunto il quorum, ha lasciato integra la legge nella quale si prevede che la fecondazione assistita può essere richiesta da coppie, coniugate o conviventi, di maggiorenni di sesso diverso, in età potenzialmente fertile. Entrambi i genitori debbono essere viventi. Sono vietati la fecondazione eterologa e l'utero in affitto. La legge permette di impiantare contemporaneamente al massimo tre embrioni e non permette né di produrre né di crioconservare embrioni in soprannumero. È inoltre esclusa la riduzione embrionaria di gravidanze plurime. È vietata la diagnosi pre-impianto e la sperimentazione sugli embrioni. I quesiti del referendum del 2005 chiedevano l'abolizione del divieto di sperimentazione, l'abolizione del numero massimo di produzione di embrioni e dell'obbligo di impiantarli contemporaneamente in utero, l'eliminazione del divieto di fecondazione eterologa e l'eliminazione integrale del primo articolo della legge nel quale sono affermati i diritti di tutti coloro che sono coinvolti nel processo della fecondazione assistita, incluso il concepito.
La legge è entrata in vigore il 10 marzo 2004 ed è il risultato di un lungo e travagliato cammino legislativo che si era ripetutamente bloccato. Con la legge il Parlamento è intervenuto infatti non tanto per legittimare o autorizzare una pratica, ma per regolamentare e per porre dei limiti in una materia in cui le più disparate pratiche venivano di fatto attuate in piena legittimità. Prima della legge 40 le tecniche di fecondazione artificiale erano utilizzate senza alcun freno né etico né giuridico. Prima della legge era stato congelato un certo numero di embrioni; non trovandosi questi in stato di abbandono, nel 2004 e nel 2005 si è proceduto con lo scongelamento, ma dei 3.384 embrioni scongelati circa il 25% morirono per effetto di questo processo.
L'ampia e intensa opposizione alla disciplina contenuta nelle legge 40 fin dall'inizio si è concentrata sul tema della diagnosi genetica pre-impianto (attualmente è consentita solo una diagnosi "osservazionale" che è ben diversa da quella "pre-impianto" perché non prevede alcun intervento sull'embrione). Già nel 2004 la questione del divieto di diagnosi pre-impianto era stata portata davanti alla magistratura per ottenere, attraverso il controllo di costituzionalità della legge, l'autorizzazione alla diagnosi genetica pre-impianto. Alla Corte Costituzionale sono ricorsi il Tar del Lazio, il Tar e il Tribunale di Firenze ai quali si erano rivolte diverse coppie con problemi di fertilità e portatrici di malattie genetiche.
Le questioni sollevate dinanzi alla Corte non riguardavano però soltanto la diagnosi pre-impianto ma anche altri aspetti della legge 40. La Corte Costituzionale si è pronunciata lo scorso aprile dichiarando illegittima la norma che prevede un solo impianto per un numero multiplo (comunque non superiore a tre) di embrioni contemporaneamente. Con questa sentenza viene tolto il limite massimo di tre embrioni da impiantare ed introdotto il principio della salvaguardia della salute della donna. Resta comunque irrevocabile il consenso, persiste il divieto per la fecondazione eterologa e la diagnosi pre-impianto, sono inoltre vietate sia la crioconservazione sia la clonazione. Nell'attesa della deposizione delle motivazioni riguardanti la sentenza, il contenuto della stessa non aiuta ancora a far piena luce su ciò che è ammissibile o meno ai fini dell'attuazione pratica.

Una questione di cultura
Al di là delle singole sentenze, tuttavia, riflettere sulla fecondazione assistita significa ragionare sulla portata di alcuni cambiamenti che chiamano in causa il progresso tecnologico, la cultura di cui è impregnata la società in cui viviamo e tutto un sistema di valori e significa porsi nuovamente di fronte alla domanda "prima" della bioetica, ovvero: è eticamente lecito fare tutto ciò che è tecnicamente possibile? Quanto il diritto si sta modificando alla luce di tali cambiamenti? Si può davvero parlare di diritto al figlio e soprattutto di diritto al figlio sano? La realtà è che viviamo in una società che tende a trasformare in diritto ogni desiderio del singolo, spesso a discapito proprio degli esseri umani più indifesi e vulnerabili. Che gli embrioni non siano persone non è un fatto scientifico ma culturale. Come una volta le persone di colore venivano considerate inferiori e non portatrici di determinati diritti, per ignoranza e per convenienza, ma così oggi si fa fatica, per questioni ideologiche e di comodo, a considerare gli embrioni esseri umani con gli stessi nostri diritti, in primis il diritto alla vita.
La presunta onnipotenza umana che deriva dalla conoscenza e dall'avanzamento della tecnologia, per cui passa l'idea che l'uomo sia diventato l'artefice di se stesso, essendo in grado di creare un suo simile in laboratorio, porta con sé il rischio di scivolare lungo un pendìo estremamente pericoloso. Il diritto al figlio sano, significa, allo stato attuale, analizzare prima dell'impianto gli embrioni con tecniche che sono spesso invasive e pericolose per l'integrità dell'embrione stesso e significa, letteralmente, scartare gli embrioni meno "buoni". Tale "scelta" non riguarda solo il caso di malattie genetiche (come se, tra l'altro, un figlio malato avesse meno diritto alla vita rispetto ad un figlio sano) ma è facilmente applicabile e viene applicata anche ad altre valutazioni come, per esempio, la selezione in base al sesso. È eugenetica, che oggi è reale e praticata, e non voler usare questo termine è pura ipocrisia.
Un quarto di secolo fa Nicola Abbagnano, grande filosofo fondatore dell'esistenzialismo positivo, scriveva in un articolo sul Corriere della Sera: "In questo campo, come in tanti altri, scienza e tecnica possono e debbono correggere ed aiutare i processi naturali, ma non possono sostituirsi ad essi con artifici che annullino gli effetti che solo la naturalità può garantire. L'intero mondo della natura oggi ha bisogno di difese contro gli inquinamenti e le deformazioni massicce che l'abuso della tecnica va provocando. Di questo mondo l'uomo è parte integrante e la sua vita, a cominciare dalla nascita, è la cosa più preziosa da difendere contro ogni manipolazione che ne diminuisce la dignità".

 

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